Via Olmetto Milano, dalla pianta d’olmo che cresceva all’incrocio con via dei Piatti

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Olmetto

I bombardamenti subiti durante la Seconda Guerra Mondiale non hanno compromesso lo status di Via Olmetto di strada signorile. Drasticamente trasformata nell’aspetto, questa via del centro storico era prima del Seicento la contrada “de Ulmus in Palatio”. 

Si chiamava così poiché prossima alla zona del palazzo imperiale di epoca romana, sito nelle vicinanze della chiesa di San Giorgio al Palazzo. A corroborare le tesi degli storici i resti di mosaici rinvenuti da palazzi importanti dell’epoca. Le scoperte hanno trasmesso la sensazione che la zona fosse piena di palazzi nobiliari ai tempi dell’antica Roma. 

chiesa di San Giorgio al Palazzo
chiesa di San Giorgio al Palazzo

 

Olmetto, alla ricerca delle origini: il racconto di Carlo Torre

Il nome “olmetto” trae origine dalla pianta d’olmo che cresceva all’incrocio con via dei Piatti, come scrisse Carlo Torre nel 1600: “so che sentiste nominare l’olmo al Palazzo, e forse ne aspettate informazione: circa dell’Olmo, eccovelo verdeggiante nel mezzo di quel compito (Crocicchio), in quanto poi perché dicasi al Palazzo, esser puote, c’habbia tal soprannome acquistato, o per la vicinanza del palazzo, che vedasi ancora eretto, ma in stato decrepito dinanzi alla piazza della Collegiata di San Giorgio…”

All’epoca del Regno Italico, la strada venne, per qualche anno, chiamata di Porta Marengo, in omaggio al trionfo napoleonico. Tuttavia, già nel 1814  riprese il vecchio appellativo. Dopo l’unità Via Olmetto conferì il nome pure alla piazzetta di San Fermo, che si apre all’altezza del civico 9. 

Purtroppo furono ingenti i danni in questa zona, ricca di memorie architettoniche dai bombardamenti anglo americani dell’agosto 1943. Una causa (o una scusa) della demolizione di edifici di notevole interesse artistico e storico. In parecchi casi è pure impossibile tentare di recuperare le lapidi commemorative situate sulle facciate delle vecchie abitazioni. Come quelle che segnalavano le dimore di Carlo Maria Maggi, una delle glorie letterarie milanesi (ideatore d meneghino), che nella vita abitò e morì. Oppure di Ismenia Sormani Castelli, assistente della filantropa italiana Laura Mantegazza. 

 Approfondimenti: Palazzo Beltrami

Reperti di edilizia romana

Gli atti di vandalismo vennero comunque in parte ricompensati. Difatti, gli scavi eseguiti per i nuovi edifici a inizio Anni 50 hanno fatto riemergere reperti di edilizia romana; in una bella costruzione in mattoni, un lungo cunicolo e muri in conglomerato, con ritrovamento pure di vasi. Al numero 1 di Via Olmetto, a fronteggiare il giardino del Palazzo Trivulzio di piazza Sant’Alessandro, si trova Palazzo Casati. Esso conserva su eleganti colonne doriche un cortile porticato, rifacimento del tardo ‘700, di una rinomata opera quattrocentesca attribuita al Bramante, di cui nella ristrutturazione si sono perdute le tracce. 

interno del Palazzo Archinto
interno del Palazzo Archinto

 

Gioiello mai abbastanza conosciuto è certamente Palazzo Archinto. Il suo massimo periodo di splendore lo raggiunse nella prima metà del XVIII secolo, e consiste in una serie di riforme avviate nel tempo sull’antica dimora. I primi importanti interventi, risalenti al tardo Seicento, furono di Filippo Archinto. L’esponente della casata nobiliare stabilì di accorpare alcune proprietà limitrofe. Nel 1715 l’immobile andò in eredità a Carlo Archinto, figlio di Filippo e di Camilla Stampa; l’interesse dimostrato nei confronti dell’architettura e dell’arte, il rapporto mecenatico con Filippo Argelati lasciano supporre sia stato proprio lui il principale artefice del rinnovamento. Fu probabilmente lui ad appropriarsi di numerose opere d’arte, nonché di una ricca biblioteca. A Carlo Archinto va poi ricondotto l’intervento sul corpo più rappresentativo. 

Approfondimenti: Via Gesù Milano

Ciclo di decorazioni ad affreschi

All’epoca la struttura era impreziosita da un ciclo di decorazioni ad affresco eseguito tra il 1730 e 1731 da Giambattista Tiepolo. I soggetti, commissionati da Carlo per celebrare il matrimonio del primogenito Filippo con Giulia Borromeo, comprendevano: Apollo e Fetonte; Perseo e Andromeda; Il Trionfo delle Arti e delle Scienze; L’Apoteosi di Romolo; Il Tempo scopre la Verità; L’Incoronazione di Bacco e Arianna; Storie di Scipione; Giunone, La Fortuna e Venere. Si adoperò al progetto anche Alessandro Magnasco, eseguendo, in collaborazione con un paesaggista la cui identità è rimasta anonima, quattro sopraporte con le Allegorie dei quattro Elementi.   

 

Palazzo Brivio Sforza

In Via Olmetto 17, quasi isolato, sorge il Palazzo Brivio Sforza, uno dei più fulgidi esempi di costruzione nobiliare milanese. Anche se affonda le sue radici nel Cinquecento, tuttavia il fronte fu soggetto nel Settecento ad un pesante restauro in forme neoclassiche, affidato a Giacomo Moraglia.    

Dallo stile classico, vanta una bella facciata con basamento a bugnato, a bozze di granito. Il maggior motivo di pregio era, tuttavia, costituito dalla ricca collezione dei marchesi Brivio. Riportati gravi danni nel corso degli eventi bellici del ‘43, si preferì fortunatamente ricostruirlo una volta cessato il conflitto. Ancora oggi è possibile ammirare il bel cortile di stampo cinquecentesco con colonne d’ordine toscano.