Parco Ravizza Milano: tra i parchi forse il più noto

0
1991
parco Ravizza Milano
parco Ravizza Milano

Tra i parchi di Milano il più noto ai bocconiani è Ravizza, uno spazio di verde pubblico già previsto nel 1889 dal Piano Beruto. Nella seconda metà del XIX secolo Cesare Beruto, ingegnere capo dell’Ufficio Tecnico meneghino, ottenne la commissione di predisporre il primo strumento urbanistico della città. L’intervento si rese necessario su forti pressioni e numerose controversie scoppiate tra il Comune e un crescente numero di investitori e speculatori edilizi. 

L’occasione venne colta al volo per realizzare un piano che, fin dalle origini, intendeva risolvere il problema dell’area intorno al Castello Sforzesco in un’ottica molto più ampia. Ormai la configurazione lasciava abbastanza a desiderare, non rispondeva più in maniera sufficiente alle esigenze della comunità. In particolare, la richiesta di abitazioni in grado di accogliere nuovi residenti cresceva continuamente. Le aree periferiche furono convertite in zone a vocazione industriale. 

Parco Ravizza: un “ombroso ritrovo” avrebbe fatto comodo

Nella cerchia delle mura spagnole (i cosiddetti “bastioni”) occorreva aprire dei varchi. La cinta costituiva una vera e propria barriera tra il centro storico e il territorio circostante. Per evolvere, per abbracciare l’inevitabile cambiamento, Beruto allargò molto gli orizzonti; propose infatti una serie di interventi ispirati a modelli internazionali. 

Il piano urbanistico venne approvato ed entrò in vigore esclusivamente nel 1889, ancora oggi uno degli eventi maggiormente in grado di segnare Milano. Il Parco Ravizza fu realizzato, tra il 1903 e il 1905, dopo un’attesa di qualche anno; allora ancora a destinazione agricola, questa zona di Milano venne trasformata in quartiere di edilizia popolare. 

Demolita la cascina Camporicco che ne occupava lo spazio, l’iniziativa figurava in uno dei primi tentativi di espansione del capoluogo lombardo, avviati già a fine Ottocento. Da lì la svolta. Come lo definiva il progettista Francesco Tettamanzi ai cittadini dei quartieri adiacenti avrebbe fatto comodo un “ombroso ritrovo”. Così concepì una pianta rettangolare attraversata da un asse alberato da nord a sud e ripartita in due giardini separati: uno all’italiana e uno all’inglese. 

Il primo parco lungo la circonvallazione

L’architetto articolò il parco Ravizza come l’area verde per il quale era destinato a sorgervi intorno. A partire dagli anni Quaranta ottenne un incremento notevole di popolarità, precisamente da quando nei suoi pressi venne costruita la nuova sede dell’Università Bocconi. In pianta affacciava l’ex Officine Meccaniche. Gli altri lati sono disegnati dalle vie Vittadini, Vignola e Ferdinando Bocconi. 

Chiuso al traffico dagli Anni 60, il viale Giovanni Sebastiano Bach divideva il parco in due, proseguendo la viabilità esterna. Il largo viale Giovanni Brahms ha andamento tortuoso e, attraverso viali minori, si raccorda al largo Ludovico Beethoven: secondo il gusto del tempo i viali sono affiancati da piante arboree di elevato fusto, di cui l’intero parco è ricco. Tra le essenze citiamo: l’acero americano, l’ailanto, il bagolaro, il carpino, il cedro dell’Atlanta, il cedro deodora, l’olmo, il pioppo nero, il platano, la quercia (varie sono le specie), la sophora, lo spino di Giuda e il tiglio. 

Si tratta del primo parco a essere progettato lungo la circonvallazione, centro-sud del capoluogo lombardo a circa 200 metri in linea d’aria da ecopass. In un secondo momento è stato intitolato ad Alessandra Ravizza, anticipatrice di parecchi temi femministi e benefattrice. In particolare, la sua area di interesse furono i minori abbandonati e il problema del diritto allo studio delle donne. 

Alessandrina Ravizza: una vita votata ai diritti dei bambini e delle donne

Alessandrina Ravizza, nata Massini nel 1846 in Russia da padre milanese e madre tedesca, divenne ben presto una figura di riferimento del mondo dell’assistenza e dell’emancipazione femminile. Con Laura Solera Mantegazza si adoperò in opere assistenziali. Sostenne decine di iniziative riformiste e diversi enti pionieristici – dalla Scuola professionale femminile al Protettorato per adolescenti. Appoggiava la Lega femminile, la Società pro suffragio, l’ambulatorio medico gratuito che offriva un’assistenza ginecologica alle pazienti più povere. 

Nel 1901 Ravizza fu tra i promotori dell’Università popolare e diresse il primo ufficio di collegamento, assunta dalla Casa di Lavoro in qualità di direttrice per disoccupati della società Umanitaria. Era un incarico modestamente remunerato, ma comunque un successo pure politico. 

Gli anni seguenti furono densi di cambiamenti e Alessandrina si sconfortò per l’avvento di un’età dominata dal denaro, dall’antagonismo sociale, dalla fine della solidarietà umana. Nonostante tutto andò avanti a lottare, spesso con un senso di tristezza e di disincanto. Il suo acceso umanitarismo e le sue battaglie le valsero un’autorevolezza rimasta inalterata fino alla morte, nel gennaio 1915. Tra le tante persone conosciute e frequentate, la poetessa Ada Negri tenne il 21 marzo 1915 una commemorazione al Teatro del Popolo della Società Umanitaria. 

“L’umanità le fu croce da portar sulle spalle: la portò cantando, con la splendente serenità delle vocazioni altruistiche. E non fece il processo alla vita. Amò la vita: la predilesse, la difese, l’incoraggiò in ogni singola manifestazione di carattere, di arte, di amore, di volontà. Il processo, e senza quartiere, essa lo fece alle imposture sociali, alle convenzioni ipocrite, ai tortuosi egoismi, alle spiritiche debolezze che la deformano, e imbavagliano e garrottano l’essere umano, avvelenandogli la gioia di esistere. Condannò senza appello la simulazione della vera vita: così grottesca e miserabile, quando pur non sia criminale. Nulla d’impossibile: era il suo motto”